Meno stereotipi e più innovazione. Cosa serve oggi alla pubblicità.
Intervista ad Alfredo Accatino, Chief Creative Officer Filmmaster
Secondo la Sua esperienza, l’Arte e la Cultura costituiscono due elementi efficaci nell’ambito di una campagna pubblicitaria? Può indicarci qualche esempio virtuoso?
La comunicazione (e quindi l’Advertising) utilizzano le emozioni, le pulsioni e la sorpresa come leva, è naturale che quindi l’Arte sia uno splendido terreno di caccia. Purtroppo la pubblicità che tra XIX e XX sec era nata con gli artisti, da quasi 40 anni ha iniziato ad allontanarsi da quel mondo, utilizzando solo l’arte come scenario architettonico, spesso riducendolo a stereotipo (la bella villa, il paesino sul cucuzzolo, lo scultore…). La pubblicità oggi interpreta le istanza del presente.
L’arte, da sempre, guarda al futuro. L’invito è che la pubblicità torni a innovare, rinunciando ai famigerati focus group e al percorrere sempre strade già rodate, coinvolgendo anche professionisti provenienti da settori differenti.
Quali sono, a Suo avviso, le motivazioni per cui le imprese scelgono di promuovere il proprio brand attraverso l’arte ed il nostro patrimonio culturale e paesaggistico? E come è cambiato, nel tempo, il loro modo di comunicare?
In barba a quello che disse un Ministro “con la cultura non si mangia”, il 14,5% del Pil italiano è frutto del binomio cultura/creatività (fonte Fondazione Symbola 2019) anche se l’Italia dedica briciole al settore.
Eppure siamo un brand mondiale, una icona di stile, un patrimonio di biodiversità che permette di avere ogni ambientazione e suggestione (53 patrimoni Unesco, numeri uno al mondo, tra le più grande biodiversità del mondo). Il mio invito, però, è quello di uscire dallo stereotipo della taverna con la tovaglia a quadri bianca e rossi e raccontare anche una bellezza meno conosciuta, valorizzando anche scenari fortemente evocativi e meno logori, dalla architettura razionalista alla cultura urbana.