Mare Memoria Viva: un ecomuseo a servizio della rigenerazione sociale
Intervista a Cristina Alga, Co-fondatrice Ecomuseo Urbano Mare Memoria Viva
Il modello di gestione museale attuale, a seguito della pandemia, è risultato fragile e di fatto si è dimostrato essere lontano dal pubblico e in alcuni casi privo di una reale capacità di coinvolgimento. Quale pensa siano le possibili strategie culturali da perseguire?
Devo dire che in questo l’ecomuseo Mare Memoria Viva è sempre stato diverso, siamo permeabili, come il mare ci lasciamo attraversare da sempre (a testimonianza di questo basti dire che non c’è un biglietto di ingresso). Il covid ha strappato il cielo di carta e svelato l’urgenza di reinventare il ruolo sociale del museo e forse in questo noi ecomusei possiamo essere un esempio utile perché nella radice “eco” c’è tutto quello che serve a far si che uno spazio museale abbia un valore civico: comunità, territorio, ecologia politica, ascolto, equanimità. Mare Memoria Viva nasce come museo collettivo, come “patto tra cittadini che decidono di prendersi cura di un territorio” e io credo fortemente che la pratica ecomuseale sia oggi estremamente attuale e possa essere la strategia culturale utile ai musei tradizionali per ritessere il legame sociale. E’ una strategia che si basa sul “senso dei luoghi”, sulla partecipazione attiva delle persone, sul pensare la cultura anche come strumento di benessere collettivo.
“Aprire” il museo è sempre “aprirsi” all’altro da sé, comporta mettersi in gioco, cedere sovranità di curatela, cambiare prima di tutto se stessi altrimenti la partecipazione è solo un esercizio di stile o una moda passeggera. Le strategie culturali di co-progettazione richiedono tempo, risorse, progettualità a lungo termine ma sono nella nostra esperienza le più efficaci per costruire relazioni dense con le comunità.
Durante il lockdown abbiamo, come ecomuseo, attivato un numero amico per il supporto nella didattica a distanza, abbiamo fatto doposcuola, pubblicato un vademecum sugli aiuti alimentari e partecipato alla loro distribuzione. Lo abbiamo fatto molto “naturalmente” come evoluzione in una situazione di emergenza di ciò che facciamo ogni giorno: essere museo, un luogo dove le persone si arricchiscono di vita ed esperienze, dove imparano e si incontrano, dove ci sono opportunità e strumenti per orientarsi nel mondo.
Nella costruzione di relazioni responsabili tra pubblico e museo appare prioritario rafforzare la proposta educativa e di ricerca, supportare l’economia locale anche attraverso la promozione dell’economia culturale, configurando il museo anche come spazio per l’inclusione sociale. In che modo crede si possa strutturare tale orientamento, contribuendo, anche in sinergia con altre istituzioni, allo sviluppo delle comunità dei piccoli borghi e dei territori italiani?
Noi crediamo molto nella costruzione di sinergie territoriali. Faccio due esempi molto concreti. Il primo riguarda il modello stesso di co-gestione dell’ecomuseo che è un partenariato speciale pubblico-privato tra le associazioni clac, mare memoria viva e il Comune di Palermo. Insieme sperimentiamo da 5 anni un modello che a Palermo è ancora un unicum di collaborazione e sussidiarietà. Il secondo riguarda il nostro approccio al contrasto alla povertà educativa, missione fondamentale della nostra pratica ecomuseale visto che ci troviamo in una delle circoscrizioni della città con il più alto tasso di dispersione scolastica, abbandono e povertà della città. Il contrasto alla povertà educativa nei numerosi progetti che stiamo portando avanti ha sempre una dimensione comunitaria e territoriale, un approccio olistico basato sull’assunto di fondo che crescere bene significa crescere in una città accogliente, dove le opportunità di trasformazione sono accessibili, dove si può essere cittadini attivi e si è supportati nel dare il proprio contributo al cambiamento sociale.
Tutto questo non avviene se non si lavora su più dimensioni contemporaneamente, quella culturale che compete ai musei in alleanza con quella lavorativa, abitativa, di welfare.