Il cinema italiano tra pandemia e guerra: cambiamenti ed evoluzioni
di Nicola Maccanico
Amministratore Delegato Cinecittà S.p.A. e Vice Presidente Associazione Civita
Pandemia e guerra sono eventi drammatici ed imprevedibili negli effetti in assoluto ed ancora di più quando insistono in spazi temporali interconnessi. Il mondo è oggi indubbiamente un luogo che sta imparando a convivere con un maggiore grado di precarietà, con meno certezze ed ha riscoperto distanze che sembravano azzerate dalla evoluzione della scienza e della tecnologia.
In questo contesto non rassicurante anche l’industria cinematografica sta vivendo cambiamenti repentini ed affrontando evoluzioni certamente inattese nelle proporzioni.
Il modello di business su cui tutta l’industria del cinema ha storicamente basato le logiche di costruzione e di distribuzione dei contenuti è stato minato nel suo profondo. Dalla pandemia certamente ma ancora prima dell’evoluzione della tecnologia.
È infatti innegabile come il Covid 19 non abbia modificato il percorso dell’intrattenimento mondiale ma lo abbia fortemente accelerato. Quasi teletrasportandolo in una nuova era.
Le piattaforme streaming hanno potuto così concretamente portare a termine la disintermediazione distributiva ed il consumatore ha scoperto le enormi opportunità che oggi offre un divano, quando fornito di una Smart TV di fronte a sé.
Si è quindi passati da un mondo nel quale lo spettatore accettava educatamente di poter vedere solo in sala i film migliori ed esclusivi, per poi vederli atterrare con estrema calma in Pay e Free tv, a una realtà nella quale la qualità dei prodotti non è più definita cronologicamente da una finestra di sfruttamento ma dalle politiche di investimento dei diversi operatori concorrenti. Siamo quindi definitivamente entrati in una realtà nella quale è possibile trovare un film riuscito ad alto budget in esclusiva su una piattaforma streaming e trovarne invece un altro deludente di una major in una sala cinematografica di ultima generazione.
Il nuovo universo insomma: al centro il contenuto e non la modalità di fruizione dello stesso.
Il processo inaugurato dall’offerta seriale premium (da House of Cards e True Detective in poi) ha trovato il suo definitivo compimento grazie al lockdown mondiale ed in parallelo il modello direct to consumer delle app ha continuato a diffondersi ed a moltiplicarsi: c’era Netflix, poi sono arrivati Disney +, Apple TV, HBO Max e Discovery + (che adesso sono convolati a giuste nozze), poi last but not least Paramount +… e potrei anche aver dimenticato qualcuno…
Più piattaforme hanno naturalmente implicato una crescita esponenziale della domanda di contenuti in un mercato ormai intrinsecamente globale e con essa le attività di produzione sono letteralmente esplose con trend di crescita a doppia cifra. Ormai parlare di età dell’oro della produzione mondiale non è più cosa audace, è semplicemente fotografare la realtà.
Insomma, tutto è bene quel che finisce bene? Non esattamente.
Il mondo appena descritto in cui i punti di contatto tra contenuti e consumatori sono numerosi e molto semplici è un mondo dove la sala cinematografica fatica fortemente a trovare il proprio ruolo e la propria rilevanza.
Più specificamente, il grande cinema commerciale americano, in gergo i blockbusters, ha immediatamente ritrovato nella sala la propria arena di riferimento e, superate le prime naturali resistenze post pandemiche, è tornato a registrare numeri straordinari in ogni angolo del pianeta. Film come Top Gun, Batman e Minions hanno confermato il loro indissolubile legame con la sala ed hanno nuovamente generato incassi di centinaia di milioni di euro.
Molto diverso il quadro del cinema più adulto e sofisticato e, guardando al nostro mondo, del cinema italiano.
Questo tipo di cinema, più adatto alle sale di città piuttosto che ai multiplex, subisce ancora una profonda emorragia di pubblico con significativi effetti negativi sugli incassi e quindi sulla propria dimensione economica.
L’effetto è paradossale: in un mercato esplosivo che vive una crescita inimmaginabile il rapporto tra il pubblico adulto ed il cinema italiano in sala sembra fortemente compromesso. Ma è proprio così?
Utile distinguere tra problemi congiunturali e problemi strutturali.
Di certo il pubblico adulto, spesso target principale del cinema italiano, ha bisogno di più tempo per ritrovare la consuetudine della sala ed in questo senso è necessario dare del tempo al lavoro che i grandi festival come Venezia ed il ritorno in sala di titoli importanti stanno svolgendo per catturare l’attenzione degli appassionati e convincerli a lasciare i comodi divani (sempre di fronte alle Smart TV). Inutile forse sottolineare come la capacità di costruire film attraenti in premessa e riusciti nella realizzazione sia condizione essenziale per portare a compimento questo delicato processo.
Anche il ruolo diretto degli esercenti (proprietari delle sale) deve evolversi e, in un mondo dove è sempre più difficile veicolare messaggi pubblicitari, è opportuno che facciano maggiormente la propria parte in termini di marketing territoriale e customer care.
Necessario però anche osservare i problemi strutturali, temi più complessi ma la cui risoluzione è elemento essenziale per immaginare un ruolo solido del cinema italiano in sala nel mondo fluido del consumo di contenuti contemporaneo. Nello specifico ne vedo soprattutto due: la dimensione dei film italiani e la condizione delle sale di città.
Perché il cinema italiano funzioni in sala è necessario lavorare alla nascita di più film ad alto budget e con respiro internazionale (così da giustificare appunto l’alto budget). Il lavoro dei produttori e delle istituzioni deputate ad immaginare politiche di sostegno deve guardare ad una proposta in grado di sostenere sempre di più le attività che scommettono in grande. Sarà così possibile immaginare una crescita ulteriore del nostro comparto nel mercato globale e la ricostruzione di un rapporto più stabile con il pubblico nei cinema.
Fondamentale poi lavorare sulle sale. Il nostro patrimonio di sale di città ha difetti per diffusione sul territorio ma ancora di più per modernità delle strutture. Ad oggi, per competere con l’intrattenimento domestico, un cinema non può “accontentarsi” di offrire un grande schermo. Il rapporto con gli spettatori si costruisce attraverso l’offerta di un’esperienza vera e propria, con sale più moderne, servizi ancillari e di ristorazione adeguati. Il percorso di rifacimento delle sale avviato nell’ultimo anno va portato avanti con determinazione e accelerato. Solo, infatti, attraverso la costruzione di un’esperienza di qualità la sala cinematografica di città potrà garantirsi un ruolo rilevante nell’industria audiovisiva di domani e non arrendersi all’irrilevanza che molti gli pronosticano, sottovalutando però un punto essenziale.
Il cinema, inteso come cinema in sala, è parte fondamentale del processo di creazione di passione e attenzione per l’universo audiovisivo. E un cinema fragile rischierebbe di minare fortemente anche i risultati di quegli operatori che oggi sembrano voler indebolire il ruolo della sala ma che in realtà hanno necessariamente bisogno di clienti appassionati di contenuti.
Hanno quindi bisogno che la sala funzioni e continui a tenere alta la passione per il cinema e contemporaneamente lavori alla costruzione del pubblico di domani.
Insomma, non è possibile guardare l’audiovisivo per compartimenti stagni ed il cinema resterà perno centrale di questa meravigliosa industria. Vedremo evolvere il suo ruolo ma di certo non lo vedremo scomparire.