Il cibo intelligente

Intervista a Eliana Liotta, Giornalista e Saggista scientifica

 

Per salvare l’ambiente e proteggere la nostra salute è necessario anche modificare il sistema alimentare, da cui dipende un terzo delle emissioni di gas serra, responsabili dell’aumento delle temperature. Siamo quello che mangiamo e quello che mangiamo cambia il mondo. Quali sono a suo avviso i principali motivi per intervenire sul sistema alimentare in modo da riformulare un equilibrio tra l’uomo e il pianeta attraverso il cibo?

 

Esiste un cibo che allo stesso tempo è gentile con il nostro corpo e rispettoso dell’ambiente. È un cibo intelligente, nel senso che è adatto a questa nostra era, l’era dell’uomo. Finora ci siamo comportati da re, da dominatori di cieli e mari, ma ora siamo consapevoli della catastrofe ecologica che abbiamo innescato. «Vivo in un mondo ferito e so di essere io la ferita», come ha scritto il romanziere John Green nel suo libro Benvenuti nell’Antropocene.

Dalla rivoluzione industriale in avanti le concentrazioni di anidride carbonica sono aumentate. Si tratta di uno dei gas serra, ovvero di quei gas che scaldano il pianeta come una coperta, sempre di più. Negli ultimi tre secoli sono più che raddoppiate anche le concentrazioni di metano, secondo gas serra per importanza. Sta di fatto che noi emettiamo giga tonnellate di anidride carbonica equivalente nell’atmosfera e i livelli attuali di CO2 sono i più alti almeno degli ultimi tre milioni di anni. «Il carbonio è per sempre», come ha titolato con un certo senso dell’umorismo la rivista scientifica Nature.

Abbiamo più di un problema ma uno in particolare: il riscaldamento globale. Le conseguenze sono i cambiamenti climatici i cui effetti si vedono già: piogge incessanti, siccità, uragani, incendi.

Finora ci siamo occupati dei trasporti, e va bene. Ma non basta più pensare alle auto ibride o ricordarsi di spegnere la luce se volgiamo frenare il riscaldamento globale e tenerlo entro un grado e mezzo o due al di sopra dei livelli preindustriali. Dobbiamo occuparci anche di quello che mangiamo. Di una rivoluzione delle forchette.

Dal sistema alimentare dipende un terzo delle emissioni di gas serra, dovute soprattutto all’allevamento di bovini, al disboscamento, alla lavorazione industriale.

La rivista Science ha documentato che l’impatto per ottenere 50 grammi di proteine dal manzo è di 17,7 chilogrammi di anidride carbonica equivalente e per 50 grammi di proteine dai legumi di 0,4 chilogrammi.

Certo, i grammi di proteine non corrispondono al peso dell’alimento. Con una porzione di legumi secchi possiamo assumere da 10 a 18,5 grammi di proteine, mentre con una porzione di filetto di vitello circa 20,5 grammi. Ma un piatto di pasta e fagioli, con un contorno di verdure e un frutto è in grado di azzerare le disuguaglianze proteiche.

Se la popolazione dei paesi industrializzati riuscisse a raddoppiare entro il 2050 i consumi di vegetali e dimezzasse quelli di zuccheri, farine raffinate e carni rosse e trasformate, si frenerebbe il riscaldamento globale e si eviterebbero almeno 11 milioni e mezzo di decessi prematuri all’anno dovuti ad abitudini alimentari malsane (Commissione EAT – The Lancet).

Cinque i pilastri alimentari di una tavola dell’Antropocene intelligente: verdura, due-tre porzioni al giorno; frutta fresca, due-tre porzioni al giorno; cereali integrali e semi-integrali, da consumare in sostituzione dei cereali raffinati o almeno una volta al giorno; legumi, almeno tre volte alla settimana; proteine animali sostenibili (escluse per i vegani), limitando formaggi stagionati e carne rossa e intendendo con sostenibilità la quantità e la qualità di carni, pesce, uova, latte e latticini che, all’interno dell’alimentazione individuale, abbiano nell’insieme un impatto ambientale il più basso possibile.

 

(foto di Maki Galimberti)