Genova, il progetto della prima Accademia per la Divulgazione Scientifica del Patrimonio Artistico
Intervista a Giacomo Montanari, Storico dell’arte – Università degli Studi di Genova
Quali sono oggi i punti di forza e di debolezza della divulgazione in campo culturale, con specifico riferimento a quello storico-artistico?
Per capire la necessità di trovare forme di mediazioni efficaci rispetto al grande pubblico, senza perdere in qualità, basta guardare la picchiata clamorosa delle “frequentazioni culturali” degli italiani: negli ultimi 12 mesi, 7 su 10 non sono entrati in nessun istituto culturale, il 53% non lo ha fatto neppure una volta nell’ultimo anno. E questo, paradossalmente, in uno dei paesi al mondo dove è più alta la densità di musei, biblioteche, spazi per la cultura, senza contare la dimensione “immersiva” del nostro patrimonio, distribuito largamente tra centri storici, borghi e città metropolitane con chiese, palazzi, edifici e spazi di qualità e storia impareggiabili e ammirati in tutto il globo.
Che sta succedendo, dunque? Davvero – come qualcuno dice – “le persone non sono interessate alla cultura”? O – ancora peggio – bisogna “mettere a reddito la cultura, perché ciò che non paghi non ha valore”?
Ecco, credo che sia esattamente il contrario. Possedere un libro non significa necessariamente né saperlo leggere, né avere le risorse per comprenderlo; allo stesso modo essere immersi in questa pluralità di stimoli culturali non rappresenta – di per sé – che siano essi “accessibili” se non si hanno gli strumenti giusti per comprenderne valore e prospettive.
Cosa manca, allora, per innescare un procedimento virtuoso di recupero di identità e valore, che possa portare i cittadini ad essere i primi fruitori e conoscitori – nonché anche, latamente, i conservatori – del nostro incredibile patrimonio artistico-culturale? Una mediazione efficace. Un dialogo con gli oggetti, i monumenti, gli spazi, i musei che sia affrontato tramite l’incontro con professionalità ancora mancanti in Italia – ma esistenti, ad esempio, nella vicina Francia – che effettuino una operazione semplice, ma cruciale: facciano alta divulgazione scientifica.
Quello che manca al nostro Paese, dove la ricerca in campo storico artistico è una delle eccellenze mondiali – e sarebbe ipocrita non riconoscerlo – e che fornisce materiale di studio, proprio per le sue caratteristiche sopra elencate, a tutti gli istituti di ricerca del globo, è proprio un sistematico sviluppo di una azione che potremmo chiamare il “trasferimento tecnologico” delle humanities: conferire al pubblico il “brevetto” giusto per impadronirsi dei valori e dei contenuti che stanno nel cuore del patrimonio storico artistico.
Il paradosso è che, come per i conseguimenti delle scienze “dure”, fino a che questa operazione di mediazione non vedrà coinvolta una larga parte della popolazione, restituendo loro i risultati – straordinari – della ricerca, per i reali “proprietari” dei beni (i cittadini) cambierà poco o nulla e – purtroppo – il disinteresse o il proliferare di narrazioni erronee o semplificatorie non potrà che aumentare.
L’emergenza a cui sono chiamati a far fronte oggi il Ministero della Cultura e le Università è cogliere questa necessità e formare e riconoscere queste figure mediane tra il docente universitario (che acquisisce nuove conoscenze e ne sviluppa la didattica) e la figura della guida turistica che, pur veicolando contenuti, non è tenuto ad avere le competenze per verificarli o costruirne di adatti alla pluralità dei pubblici. In mezzo, sta il Divulgatore Scientifico, che potrebbe costituire – senza erodere spazi o competere con alcuna di queste figure – un riferimento importante per la didattica museale, per la costruzione e l’erogazione di contenuti coerenti e adeguati attraverso i new media, per l’affiancamento necessario del pubblico nei percorsi di visita dei luoghi monumentali. E sarebbe davvero importante che una figura del genere, debitamente formata dagli Atenei, ricevesse un riconoscimento professionale anche nelle fila del Ministero e da parte degli Istituti di Cultura: un modo efficace per conferire a un pubblico potenzialmente in crescita – ma poco stimolato – quegli strumenti necessari per una conoscenza completa, corretta, chiara che il patrimonio artistico necessita per diventare davvero la carta di identità dei cittadini italiani. Uno strumento di democrazia e cittadinanza.
La costruzione di figure professionali formate nelle scienze umanistiche e debitamente attrezzate per mediare comunicativamente il contenuto scientifico del patrimonio storico, artistico e monumentale, è di primaria importanza. La città di Genova si distingue per l’offerta di importanti esperienze formative in tal senso; di cosa si tratta in particolare?
A Genova, dal 2018, è partita una sperimentazione che oggi – a cinque anni di distanza ha dato e sta dando frutti straordinari. Nell’ambito delle iniziative di valorizzazione del Sito UNESCO Le Strade Nuove e il Sistema dei Palazzi dei Rolli e in particolare delle giornate di apertura dei Rolli Days, si è lavorato a un percorso di selezione, formazione e inserimento lavorativo di giovani professionisti delle humanities come Divulgatori Scientifici del patrimonio artistico genovese e – in particolare – dei suoi palazzi monumentali.
Questo percorso – ad oggi – ha coinvolto oltre cinquecento giovani, con diversi gradi formativi pregressi (dalla laurea triennale, fino al post-doc), provenienti da tutta Italia, che a Genova hanno vissuto e stanno vivendo un percorso di formazione alla divulgazione del patrimonio artistico attualmente unico in tutto il Paese.
Per prima cosa, tengo molto a dire che – pur considerando questo un itinerario formativo – tutti questi giovani professionisti sono correttamente retribuiti. Anzi, la prospettiva è quella di offrire sempre migliori condizioni economiche e di sostegno, per le quali ogni giorno lavoriamo con il forte supporto degli Enti territoriali pubblici (Comune di Genova, Regione Liguria, Università di Genova) e di interlocutori privati (Fondazione Friends of Genoa). Questa precisazione è doverosa, perché ormai assistiamo – in particolare in Italia – al fiorire di master, percorsi, proposte estremamente onerosi per l’utente e totalmente scollegati da una dimensione pratica di apprendimento in ambito lavorativo e professionale, con durate assolutamente incompatibili con le necessità dei giovani, spesso fino a 24 mesi. Io credo che la formazione debba essere non solo gratuita, ma addirittura – quando si parla di formazione sul campo con l’impiego delle competenze acquisite in ambito professionale – retribuita. Solo così potremo lavorare su un concetto fondamentale che è quello di formazione permanente, aggiornamento e sviluppo delle abilità e competenze necessarie per restituire al meglio la ricchezza del patrimonio artistico italiano a un pubblico sempre più ampio, eterogeneo e in continuo cambiamento.
È questo il motivo che mi ha spinto a presentare un progetto – appoggiato dal Rettore Federico Delfino dell’Università di Genova, dal Comune e della Regione – per la costituzione a Genova della prima Accademia per la Divulgazione Scientifica del Patrimonio Artistico, che spero possa vedere la luce nel 2025. Un percorso compatto, vissuto sul campo – tra le ville, i palazzi, le meravigliose chiese genovesi – e a contatto con i diversi professionisti che si occupano di patrimonio a livello di ricerca (storici dell’arte, archeologi, bibliotecari, archivisti e molti altri) e di comunicazione e utilizzo dei media (registi, videomaker, media manager, comunicatori, ma anche attori ed esperti di public speaking). Allo stesso tempo, oltre che rigorosamente scientifico e di altissimo livello qualitativo, sarà un percorso sostenibile e aperto tutti, non solo a chi se lo può permettere: i selezionati saranno totalmente spesati e sostenuti per il tempo che trascorreranno a Genova (circa due mesi) e avremo alcune borse di studio per i più meritevoli. Questa è la frontiera: formare professionisti del patrimonio capaci di comunicare e divulgare, e non assoldare divulgatori o comunicatori di professione a cui far imparare a memoria un testo da recitare.