Crowdfunding 3.0. Quali opportunità per la Cultura?
di Albino Ruberti, Segretario Generale Associazione Civita
Il problema del taglio ai finanziamenti alla Cultura è serio e costantemente al centro del dibattito degli operatori di questo mondo, i quali devono quotidianamente confrontarsi con risorse scarse e spesso insufficienti a garantire quegli standard di servizio/prodotto raccomandabili per un settore socialmente cruciale come quello culturale.
Civita da diversi anni affronta questo tema, analizzandone gli impatti sull’offerta culturale e proponendo soluzioni alternative rispetto al contributo pubblico. Se fino a qualche anno fa le sponsorizzazioni culturali e le donazioni (cosiddette “erogazioni liberali”) versate attraverso le – spesso farraginose e poco incentivanti – procedure pubbliche apparivano le uniche forme in cui potesse concretizzarsi il sostegno rispettivamente fornito dalle imprese e dalle persone fisiche, negli ultimi anni è emerso e si è fatto strada un canale nuovo per il (co)finanziamento di iniziative e progetti culturali e artistici: il crowdfunding. Elementi cruciali sono la comunità (“crow”) di potenziali sostenitori e il web, che attraverso piattaforme digitali e social network trasforma il capitale sociale in capitale finanziario, amplificandone in modo significativo la diffusione.
A livello giornalistico oggi si parla molto di crowdfunding ma spesso si tende a banalizzarlo, semplificandone eccessivamente il funzionamento, le potenzialità e sottovalutandone i rischi. In realtà, la grande maggioranza degli operatori culturali ne ignora le caratteristiche e non è attrezzata per condurre a successo una campagna. Per questa ragione, il Centro Studi dell’Associazione Civita, supportato da esperti e professionisti del settore, ha affrontato in chiave analitica e pratica questo tema, realizzando il volume “Il crowdfunding nel settore culturale e creativo”, edito da Marsilio ed offerto a beneficio di chiunque intenda cimentarsi in una campagna o semplicemente conoscere più a fondo questo strumento.
Oltre al mondo delle industrie culturali e creative che applica regolarmente il crowdfunding – ad es. nelle produzioni audiovisive indipendenti – anche il settore culturale “in senso stretto” (rappresentato in particolare dalle organizzazioni legate alla conservazione e valorizzazione del patrimonio), tradizionalmente sostenuto dalla mano pubblica, deve guardare a questo strumento con crescente attenzione. Il volume, di fatto, rappresenta il primo caso italiano di indagine approfondita e strutturata sul fenomeno del crowdfunding per la Cultura, inteso non solo come strumento di (co)finanziamento di iniziative proposte “dal basso”, ma sempre più come canale di promozione, validazione e distribuzione esclusiva di prodotti e servizi.
Come ben sanno i promotori della progettualità culturale “dal basso”, il fattore che rende il crowdfunding un’ opportunità ben più interessante rispetto ad un semplice strumento di finanziamento risiede proprio nella sua intrinseca natura di marketing: l’iniziativa oggetto di una campagna condotta in modo efficiente ottiene dalle comunità coinvolte visibilità, attenzione, sostegno e promozione “a costo zero”, consentendo, sempre in una logia informale e di disintermediazione, di ricevere feedback e valutazioni preziose prima del lancio sul mercato. Delle 68 piattaforme attive oggi in Italia, 12 sono “verticali” e si focalizzano specificatamente in ambito culturale e creativo (su musica, cinema, editoria, arte contemporanea, ecc.); sebbene il valore medio delle campagne reward e donation (segmenti di riferimento per il nostro settore) si attesti oggi sui 4.000 euro, il volume di progetti cresce annualmente ad un tasso del 40% e il numero di campagne culturali (22,2%) segue di pochissimo le sociali (23%) e quelle di business (22,4%).
Come attestano i numeri delle mappatura, questo strumento rappresenta un’opportunità importante per il settore culturale, ma sottende anche rischi non indifferenti, legati in particolare alla reputazione del proponente, su cui può incidere negativamente una campagna fallimentare gestita in modo superficiale. Di fatto, il rapporto diretto con i gestori di alcune fra le principali piattaforme italiane attive in ambito creativo e culturale e con gli ideatori di progetti finanziati con successo ha permesso di identificare nella gestione professionale e strategica della campagna l’elemento cruciale per conseguire l’obiettivo prefissato (mediamente raggiunto solo da 3 campagne su 10), attribuendo particolare attenzione agli aspetti legati alla comunicazione online e offline, alla scelta delle ricompense e al monitoraggio dei costi.
Se, dunque, il crowdfunding, figlio della sharing economy, rappresenta la risposta contemporanea alla trasformazione in atto nel modo stesso di finanziare, produrre, distribuire e fruire la cultura al di fuori delle logiche tradizionali definite dalle organizzazioni culturali, le Istituzioni pubbliche hanno un ruolo molto delicato, in quanto, riconoscendo le potenzialità provenienti “dal basso”, dovrebbero saper valutare la rilevanza sociale di alcune iniziative proposte attraverso il crowdfunding, abilitandole ed incentivandole, laddove opportuno, con finanziamenti integrativi.