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Forlì, L’Eterno e il Tempo tra Michelangelo e Caravaggio
Dal 10 febbraio a Forlì è in corso la grande mostra L’Eterno e il Tempo tra Michelangelo e Caravaggio, allestita ai Musei San Domenico, frutto di una collaborazione tra Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, che promuove l’iniziativa, e Civita Mostre che ne cura i servizi al pubblico.
La mette in scena per la prima volta in maniera compiuta il fascino del secolo compreso tra il tramonto del Rinascimento e l’affermazione del Barocco.
Il periodo che intercorre tra il compimento del Giudizio Universale di Michelangelo nella Cappella Sistina (1541) e l’affermazione a Roma di Caravaggio è per la storia dell’arte uno dei più avvincenti e stimolanti. La pittura della Maniera aveva messo in campo le ragioni di un’“arte per l’arte”, in cui a prevalere erano il capriccio e la “licenza”: un’arte colta, rivolta a un’élite in grado di compiacersi del gioco di rimandi ai modelli di Raffaello e di Michelangelo, sentiti come insuperabili. A mettere in crisi questo modo di intendere l’arte era stata la polemica dei riformatori protestanti che, contro il lusso della corte pontificia, si richiamavano al rigore della Chiesa delle origini. Ma, ancora prima che il Concilio di Trento teorizzasse il valore didattico delle immagini, gli artisti avevano autonomamente elaborato una nuova figurazione in cui le esigenze del racconto prevalessero sullo sfoggio di un virtuosismo fine a sé stesso.
Già prima della metà del secolo Roma si propone come centro di elaborazione di nuovi percorsi, di cui la mostra evidenzia la ricca eterogeneità. Paolo III Farnese, che nel 1545 indice il Concilio di Trento, è a capo di una vera e propria corte alla stregua di quelle europee. Per lui lavorano artisti come El Greco e Giovanni de’ Vecchi, promotori di una ventata neo-mistica, e architetti come Antonio da Sangallo il Giovane e il Vignola, che mutuando linguaggi dallo studio dell’antico elaborano una nuova concezione spaziale.
Il fervore costruttivo alimenta la richiesta di nuove opere sacre, concepite in ordine a una nuova leggibilità e a un diffuso sentimento di pietà. E mentre artisti come Girolamo Muziano e Federico Zuccari sapranno farsi interpreti di una narrazione didascalica, sarà Federico Barocci a coniugare fervore religioso e sentimentalità prebarocca.
Parallelamente lo scrupolo di attenersi al “vero”, al “verosimile” finisce per sviluppare una ripresa dell’autonomia degli studi storici e di quelli naturalistici.
Bologna, seconda capitale dello Stato della Chiesa, sul finire del secolo vede fiorire di nuovi sensi terreni la pittura dei Carracci alla quale fa da contraltare a Roma l’arte “senza tempo” di Pulzone e Valeriano.
Dalla Lombardia poi discende Caravaggio. Egli descrive nella sua luce che contorna l’ombra e che trascorre dagli uomini alle cose, un nuovo, disperato rigore. Dall’ultimo Michelangelo a Caravaggio, l’esposizione forlivese tesse un filo estetico di rimandi unici che illustra la nascita dell’età moderna. Un percorso culturale innovativo che mostra capolavori di Raffaello, Rosso Fiorentino, Lorenzo Lotto, Pontormo, Sebastiano del Piombo, Correggio, Vasari, Daniele da Volterra, El Greco, i Carracci, Barocci, Veronese, Tiziano, Zuccari, Reni e Rubens.