Dopo le esposizioni di grande successo dedicate al Novecento e al Liberty, i Musei di San Domenico ospitano fino al 18 giugno 2017 una importante mostra, dedicata all’Art Déco con la curatela scientifica di Valerio Terraroli e la direzione generale di Gianfranco Brunelli.
Ciò che corrisponde alla definizione “Art Déco” fu uno stile di vita eclettico, mondano, internazionale. Un gusto, una fascinazione, un linguaggio che ha caratterizzato la produzione artistica italiana ed europea negli anni Venti, con esiti soprattutto americani dopo il 1929. Il successo di questo gusto va riconosciuto nella ricerca del lusso e di una piacevolezza del vivere, tanto più intensi quanto effimeri, messa in campo dalla borghesia dopo la dissoluzione, nella Grande guerra, degli ultimi miti ottocenteschi e la mimesi della realtà industriale. Dieci anni sfrenati, “ruggenti” come si disse, della grande borghesia internazionale, mentre la storia disegnava, tra guerra, rivoluzioni e inflazione, l’orizzonte cupo dei totalitarismi.
La relazione con il Liberty, che lo precede cronologicamente, fu dapprima di continuità, poi di superamento, fino alla contrapposizione. La differenza tra l’idealismo dell’Art Nouveau e il razionalismo del Déco appare sostanziale, con il superamento della linea flessuosa e asimmetrica legata ad una concezione simbolista. La spinta vitalistica delle avanguardie storiche, la rivoluzione industriale sostituiscono al mito della natura, lo spirito della macchina, le geometrie degli ingranaggi, le luci artificiali della città. Il gusto Déco fu lo stile delle sale cinematografiche, delle stazioni ferroviarie, dei transatlantici, dei palazzi pubblici, delle grandi residenze borghesi: si trattò, soprattutto, di un formulario stilistico che ha influenzato tutta la produzione di arti decorative, dagli arredi alle ceramiche, dai vetri ai ferri battuti, dall’oreficeria ai tessuti, così come la forma delle automobili, la cartellonistica pubblicitaria, la scultura e la pittura in funzione decorativa.
Obiettivo dell’esposizione è mostrare al pubblico il livello qualitativo, l’originalità e l’importanza che le arti decorative moderne hanno avuto soprattutto nella cultura artistica italiana. Sono qui essenziali le opere di Galileo Chini, Vittorio Zecchin e Guido Andloviz, che guardarono a Klimt e alla Secessione viennese; dei maestri faentini Domenico Rambelli, Francesco Nonni e Pietro Melandri; le invenzioni del secondo futurismo di Fortunato Depero; i dipinti, tra gli altri, di Casorati, Martini, Cagnaccio di San Pietro, Bocchi, Bonazza, Bucci, Marchig, Oppi, il tutto accompagnato dalla straordinaria produzione della Richard-Ginori ideata dall’architetto Gio Ponti e da emblematici esempi francesi, austriaci e tedeschi fino ad arrivare al passaggio di testimone, agli esordi degli anni Trenta, agli Stati Uniti e al Déco americano.
Art deco. Gli anni ruggenti in Italia
Forlì, Musei San Domenico, fino al 18 giugno 2017
Per maggiori info: www.mostrefondazioneforli.it/