Giornalismo e Cultura: un binomio vincente ma occorre obiettività
Intervista a Fabio Cappelli, Caporedattore Cultura e Spettacolo Rainews24
Qual è il grado di attenzione che, ad oggi, la stampa riserva nei confronti del nostro patrimonio culturale? I titoli in “prima pagina” si riferiscono spesso a scandali, crolli e incuria. A Suo avviso il giornalismo italiano sta facendo un buon lavoro in tal senso?
Non bisogna generalizzare: a fronte di un interesse crescente degli Italiani nei confronti del loro patrimonio culturale, gli organi di informazione raccontano anche storie positive. Penso ad esempio all’attività di associazioni come il FAI; a Rainews24 diamo molto spazio alle giornate di aperture straordinarie di beni solitamente chiusi al pubblico.
Le storie positive piacciono: uno dei nostri servizi che ha avuto maggior risonanza sui social network era dedicato alla “Scugnizzeria”, l’unica libreria aperta nel quartiere di Scampia a Napoli. A volte noi giornalisti siamo pigri: diamo più spazio al crollo di un muro a Pompei che non agli sforzi per riaprire nuove domus.
Le storture esistono e vanno denunciate, ma occorre trovare un equilibrio.
Quanto è importante ai fini di un’opportuna comunicazione dell’immagine del nostro Paese, in particolare all’ Estero, investire nel giornalismo culturale? Qual è, secondo Lei, il ruolo del giornalista culturale?
Il giornalista culturale, mi si perdoni la banalità , è… un giornalista. E come ogni professionista deve raccontare la realtà che vede con la massima obiettività possibile. L’immagine del nostro Paese all’estero non dipende certo dai giornalisti culturali. Non penso che abbiamo tutta questa influenza.
In che misura è cambiato, oggi, il rapporto fra giornalismo e cultura? Come si immagina possa evolversi in futuro tale relazione?
E’ cambiato nella misura in cui il lettore ha più tempo libero e quindi è curioso delle novità al cinema, al teatro, all’opera.
Si è visto che, anche con la crisi economica, i consumi culturali in Italia non sono diminuiti. Nel nostro Paese però c’è poca gente che legge libri, meno della metà della popolazione e non credo che il giornalismo culturale possa fare molto. Promuovere la lettura non è un’impresa facile.