Post-Covid e musei: più attenzione alle comunità
Intervista ad Annalisa Cicerchia, Cultural Welfare Centre
A seguito dell’emergenza Covid-19, abbiamo assistito ad un incremento dell’impiego di strumenti digitali (web, social, app etc.,) da parte delle istituzioni museali. Rispetto a questo fenomeno, quali sono gli aspetti più rilevanti emersi da ricerche ed analisi a livello europeo?
Due studi dell’UNESCO e dell’International Council of Museums (ICOM), pubblicati in occasione della Giornata internazionale dei musei del 2020, stimano che quasi il 90% dei 95.000 musei del mondo sono stati temporaneamente chiusi durante la pandemia. Uno studio di NEMO- Network of EuropeanMuseumsOrganizations, condotto in aprile, indica che 4 musei su 5 hanno aumentato i loro servizi digitali per raggiungere il loro pubblico, spesso facendo assumere al personale nuovi compiti per far fronte alle circostanze. Quasi la metà degli intervistati ha dichiarato che il loro museo sta ora fornendo uno o più nuovi servizi online. Inoltre, 2 musei su 5 hanno segnalato un aumento delle visite online, che varia tra il 10 e il 150% durante il periodo di riferimento. Ovviamente, i musei che sono stati in grado di cambiare i compiti del personale o aggiungere risorse sono stati in grado di aumentare i loro servizi digitali e hanno osservato un aumento delle visite online. I materiali didattici, quelli relativi alle collezioni, i contenuti video e cinematografici, sono stati i più popolari tra il pubblico. Michael Axis, di MuseumHack, ha pubblicato alla fine di aprile una rilevazione da dati Google che hanno rivelato come le visite virtuali pure e semplici ai musei siano state molto popolari in tutto il mondo dal 15 marzo, per poi quasi azzerarsi quattro giorni dopo. Gli andamenti delle ricerche fatte su Google sui musei durante la fase più acuta della pandemia mostrano che il pubblico ha cercato sempre più frequentemente idee e attività per i bambini (in concomitanza con la chiusura delle scuole), spunti per tenere alto il morale e le relazioni familiari e di coppia e cose interessanti da leggere.
Qual è stato, a Suo avviso, un esempio di best practice fra i musei del nostro Paese rispetto ad un utilizzo efficace di tali strumenti e quale la reazione del pubblico?
So che i buoni esempi sono stati più di qualcuno. A me viene in mente il MAXXI,uno dei musei più attivi in Italia durante la pandemia, al quale va riconosciuta la straordinaria velocità di reazione – anche grazie a una robusta e preesistente infrastruttura di attività digitali, una presenza sui social media diversificata e fortemente interattiva, personale preparato e attrezzato allo scopo. Sono condizioni non comuni. I dati diffusi nel 2020 dell’Istat mostrano che solo il 16% dei musei ha personale dedicato alle ICT e alle attività digitali e che, dei 460 musei statali, hanno un proprio sito web il 43,7% e il 66%un account di social media. Con questo vantaggio di partenza, il MAXXI ha deciso di trasformarsi in pochissimi giorni dalla chiusura forzata in un broadcaster di contenuti culturali trasmessi quotidianamente e regolarmente per diversi tipi di utenti. In un momento in cui l’intero settore culturale manifestava grandissima preoccupazione soprattutto per le proprie sorti, e in cui perfino i grandi musei americani licenziavano in massa, e proprio gli addetti alle attività educative, il MAXXI ha espresso qualcosa di diverso. Qualcosa che io definirei cura per le proprie comunità di riferimento: quella degli artisti, che sono stati coinvolti in nuove produzioni pensate per il digitale; quella del proprio staff, che ha in larga misura potuto continuare a produrre cose nuove da casa; quella dei diversi tipi di pubblico, compresi i partecipanti ai corsi di alta formazione su piattaforma digitale, i ragazzi dell’alternanza scuola-lavoro, che hanno fatto da giuria in una selezione di documentari, o le persone non vedenti, alle quali sono state dedicate piacevoli audioclip per conoscere opere della collezione permanente attraverso le voci di Paola Cortellesi, Pif e Fabrizio Gifuni. L’ICOM ha raccomandato ai musei di tutto il mondo di rispondere alla nuova emergenza non solo tutelando le collezioni, gli edifici e gli addetti, ma soprattutto riconoscendo il proprio ruolo sociale, e quindi offrendo elementi di protezione, resilienza, recupero e sviluppo alle comunità durante la pandemia e, possibilmente, nella ripresa post-COVID-19. Il MAXXI ha raccolto questo invito. Seguendo i suggerimenti dell’ICOM, ha anche reso disponibile la propria attività di ricerca a documentare e a comprendere che cosa è accaduto, con due mostre, in parte digitali, sulla casa diventata Mondo e sullo stare A Casa.