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Roma, Beni comuni e comunità. Un modello applicabile ai beni culturali
Oggi, 29 maggio, presso la sede romana dell’Associazione Civita, si è svolto il Convegno dal titolo “Beni comuni e comunità. Un modello applicabile ai beni culturali”, promosso da AEQUA in collaborazione con Associazione Civita.
Dopo i saluti di apertura di Nicola Maccanico, Segretario Generale dell’Associazione Civita, e l’intervento introduttivo di Gianfrancesco Fidone, Vice Presidente di AEQUA – Associazione per l’efficienza e la qualità nell’Amministrazione, l’incontro ha previsto gli interventi di Gregorio Arena, Presidente di Labsus – Laboratorio per la sussidiarietà, Lorenzo Casini, Professore ordinario di Diritto amministrativo – Scuola IMT Alti studi di Lucca, Marcello Clarich, Professore ordinario di Diritto amministrativo – Sapienza Università di Roma, Massimo Egidi, Professore Emerito di Behavioral Economics – Università LUISS, Eugenio Picozza, Professore ordinario di Diritto amministrativo, dell’ambiente e pubblico dell’economia, Nereo Zamaro, Professore di Methods of social research – Università LUISS. Modera e conclude Luciano Violante, Presidente Emerito della Camera dei deputati.
Tema del Convegno è stato la riscoperta dei beni comuni, di cui si è discusso prendendo spunto dal volume di Gianfrancesco Fidone. Se la destinazione dei beni diventa centrale per la loro classificazione, può aprirsi la strada per un’ulteriore categoria rispetto a quelle dei beni pubblici (preposti alla realizzazione di un pubblico interesse) e dei beni privati (preposti alla realizzazione di un interesse privato). I beni comuni sono preposti alla realizzazione di un interesse non pubblico e non privato, bensì comune, ovvero di una comunità di persone distinta dalla generalità degli individui. Assumono dunque un ruolo centrale la comunità e ciascuno dei suoi membri che diventano un centro di imputazione di diritti e interessi e che, assumendo un ruolo di cittadinanza attiva, possono essere coinvolti nella gestione dei medesimi beni con creazione di opportunità di sviluppo e di posti di lavoro.
Proprietà pubblica e beni comuni, presuppone dunque quella delle comunità, che costituiscono corpi intermedi tra Autorità pubblica e singolo cittadino. Devono essere create le condizioni affinché i membri delle stesse comunità cooperino tra loro e con le Istituzioni. Tale modello appare particolarmente promettente per il settore dei beni culturali e del paesaggio, che spesso identificano e connotano le comunità, nel quale le tradizionali gestioni pubblica e privata hanno dimostrato i loro limiti, da un lato, per la crescente indisponibilità di risorse pubbliche e, dall’altro, per la scarsa remuneratività di tali beni.
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INVITO 29 maggio